Come cambia la figura del buyer, il parere di Romeo Scaccabarozzi di Axiante

Evolve il ruolo del buyer, sempre più vicino al consumatore e alla tecnologia. Ne parliamo con Romeo Scaccabarozzi, Ad di Axiante.

La gdo affronta i mutati scenari competitivi ed evolve di conseguenza il ruolo del buyer, in passato più sbilanciato sugli aspetti commerciali. Oggi è sempre più vicino al consumatore e ha assunto crescente rilevanza la capacità di usare la tecnologia. Ne parliamo con Romeo Scaccabarozzi, Ad di Axiante.

buyer Axiante
Romeo Scaccabarozzi, Ad di Axiante.

In passato il buyer aveva un ruolo chiave per la distribuzione, ma relegato al dietro le quinte. C'era una chiara suddivisione dei compiti in azienda e l'elemento primario di differenziazione per la gdo girava intorno alla qualità della negoziazione. Anche per questo i gruppi distributivi si associavano per acquistare meglio e la scelta della centrale d'acquisto, per creare massa e ottenere condizioni migliori, poteva fare la differenza.

Cosa perde e cosa guadagna il ruolo del buyer oggi, rispetto a qualche anno fa?
Prima di tutto oggi il buyer è molto più vicino al consumatore finale. Anzi, mette in gioco sé stesso proprio da consumatore, è molto più attento alla domanda che al prezzo d'acquisto. Da uomo del procurement è diventato un uomo quasi di marketing, che deve scegliere e selezionare bene. È un ruolo molto più complesso rispetto a quello precedente, che gli richiedeva soltanto di focalizzarsi sulla negoziazione.

Cosa ha portato a questo salto di qualità?
I ruoli del retail e dell'industria di marca non sono più così chiari come prima. Quando era l'Idm a influenzare la domanda, accentrava anche le funzioni di marketing. Ideava nuovi prodotti facendo appello ai guru dell'analisi dei bisogni dei consumatori, investiva milioni di euro in pubblicità. Il retailer aveva priorità più focalizzate sulla soddisfazione della domanda attraverso un punto di vendita e un delivery adeguati.

E poi cosa è cambiato?
Idm e retail continuano a fare il proprio mestiere, ma la sola negoziazione non basta più per differenziarsi, soprattutto se tutti sono bravi a farla. Di conseguenza saper negoziare è diventato un must cui vanno aggiunte altre abilità.

Quali sono le competenze richieste al buyer?
Lo scaffale dà sempre più spazio al retailer e meno all'Idm. C'è tanta marca privata e in quasi tutte le categorie del grocery e dei freschi. Il consumatore è sempre meno una categoria facilmente inquadrabile in un ridotto numero di profili, si comporta e viene letto come un singolo. Gli stessi prodotti hanno cicli di vita molto più brevi, e sono molto più numerosi rispetto a solo 10 anni fa. Di conseguenza il buyer è costretto a fare qualcosa di molto diverso rispetto al passato: spingersi più verso valle per comprendere tutte le dinamiche del consumatore. Ovviamente rimane la capacità di valutare correttamente il potenziale di vendita del prodotto, ma si affianca alla comprensione del consumatore nella selezione dei prodotti e nel determinare il corretto prezzo a scafale. Si può dire che il buyer sia letteralmente a caccia degli stessi driver del consumatore. Almeno questo dimostra una ricerca che ha messo a confronto il buyer dell'industria (più tecnico e focalizzato sui valori delle materie prime) con quello del retail.

Quale profilo professionale si adatta meglio?
Sono tre le caratteristiche che emergono nella sua personalità e attitudine, secondo l'esperienza che in Axiante abbiamo maturato negli anni con le diverse insegne della gdo. Prima di tutto, il buyer deve essere estremamente reattivo. In passato era molto più statico, come era statico il rapporto con l'Idm: calendari, stagionalità. Oggi il buyer deve saper reagire rapidamente a tutti i cambiamenti nelle scelte di consumo.
Inoltre, deve avere un approccio estremamente analitico, che gli serve per comprendere la grande varietà espressa dalla domanda.
L'ultima caratteristica è che il buyer dovrebbe avere un'attitudine positiva e aperta verso la tecnologia.

Perché la tecnologia è così importante per il buyer?
La tecnologia accorcia i tempi e dà più reattività. L'analisi di una base dati si può delegare agli analisti, ma impiegano più giorni. Se ci si affida a strumenti di pianificazione efficaci, che aiutano a definire una strategia e a gestire matrici di dati sempre più complesse, in pochi minuti si hanno le risposte. Interpretare i dati è molto rilevante per le responsabilità che oggi ha il buyer ed è per questo che sfruttare le potenzialità della tecnologia si rivela un importante fattore competitivo.

Ovvero? Quali le responsabilità del buyer?
La prima è quella di pianificazione. Se non è più l'Idm a scegliere cosa mettere sullo scaffale, la strategia spetta al buyer che è sempre più un category manager. Servono strumenti per semplificare la pianificazione, anche su larga scala vista l'ampissima gamma di prodotti entro i quali scegliere. Anche se poi l'ultimo giudice sarà il consumatore.
Non solo pianificare il "cosa", quali prodotti, ma anche il "dove" e il "quando", visto che ci sono tanti canali e formati diversi. Una matrice estremamente complessa che può essere gestita solo con strumenti di pianificazione multidimensionale.

Dati interni, ma soprattutto esterni?
Sì, un'attività continua che non può prescindere dall'analisi di quello che fa la concorrenza. Proprio come al mercato, si guardano anche le bancarelle degli altri. I dati qui arrivano dalle società di ricerca di mercato. Un’ulteriore richiesta che sempre più spesso riceviamo da un paio d'anni a questa parte è quella di dare al buyer la possibilità di simulare lo scaffale.

Il buyer simula anche lo scaffale?
Sì. In passato sarebbe stato impensabile, se ne occupava esclusivamente il trade marketing, o l'ufficio display. Oggi invece ha senso perché anche il buyer quando negozia vede subito se la strategia è applicabile instore oppure no. La tecnologia alla fine deve essere un mezzo per fare le cose meglio, e prima.

E la tendenza sempre più diffusa di abbinare prodotti presi da reparti diversi?
Diciamo che le decisioni data driven aiutano a conciliare punti di vista diversi in azienda. Se due reparti diversi cercano di decidere come abbinare prodotti che per il consumatore si possono acquistare insieme, il dialogo tra i buyer non sarà sempre lineare. I dati invece lo sono, possono facilitare un dialogo trasversale.

 

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