Fidelizzare con il web

Come fidelizzare i clienti in epoca 2.0? Cosa si sta muovendo sul web, per cercare di rendere il rapporto più "caldo" e non solo basato sul prezzo, mentre i retailer tradizionali puntano sulla shopping experience dei punti di vendita? (da Gdoweek n. 15)

L’evoluzione digital deflagra sul concetto di loyalty e su tutto il mondo delle promozioni, aprendo scenari differenti rispetto a quanto visto finora. L’interfaccia digitale permette, infatti, di potere personalizzare le attività promozionali in base ai gusti, alle preferenze e al comportamento di acquisto di ogni singolo individuo, sia nel mondo virtuale che in quello brick & mortar, grazie a sistemi di geolocalizzazione dei dispositivi mobili e all’interazione con i pdv mediata da smartphone e tablet. E i consumatori, vedono, ogni giorno, come i concetti promozionali di brand loyalty oggi si siano trasferiti alla sfera virtuale, con gli operatori dell’eCommerce che stanno alzando l’asticella della sfida/fedeltà.

Consumatore multipartner
Guardando agli Usa, mercato più evoluto rispetto ai concetti di orientamento alla fidelizzazione della clientela da parte di aziende, operatori finanziari e retail, si può vedere come oggi gli americani siano considerati consumatori “multipartner”, ossia sono, allo stesso tempo, fedeli a brand/insegne/eCom player, ma anche molto inclini al “tradimento”. Un ossimoro che può essere spiegato con i numeri: secondo lo studio reso noto da Colloquy, istituto di ricerca statunitense specializzato in loyalty, in media la casalinga Usa è iscritta a 29 programmi fedeltà, per un totale di 3,3 miliardi di carte sparse sul territorio, il 26% in più rispetto al 2013, tra retail, operatori finanziari, turismo e servizi alla persona. Tuttavia solo 12 dei 29 programmi sono realmente utilizzati, il 4,5% in meno rispetto al 2013. In un mercato maturo come quello Usa, nel quale lo switch tra commercio fisico e digitale ha radici più profonde rispetto al nostro Paese, la fedeltà “classica” ha lasciato il posto a una fedeltà “fluida”, per la quale non si tratta più di un rapporto one-to-one, anche estremamente personalizzato, di identificazione valoriale, ma di un complesso di fattori convergenti che riguarda più aspetti della vita digitale dell’individuo, dall’advertising al Crm, dai pagamenti ai couponing, fino a sfociare nel mondo delle applicazioni e del gaming, nei quali i brand devono prevedere operazioni di ingaggio  più articolate.Si tratta di una fedeltà più precaria, vista la facilità con la quale il consumatore può cambiare sponda nel mondo digitale, sotto la pressione delle “tentazioni”.

Tentazione digitale
“Il concetto di loyalty si fonda sempre sulle sue due dimensioni costituenti: vale a dire, quella cognitiva, nel senso di elevata preferenza, e comportamentale, riferita al tasso di riacquisto nel tempo -dichiara Sandro Castaldo, docente di marketing all’Università Bocconi- . Pur cambiando l’oggetto della loyalty (lo store online invece di quello fisco) non si modifica il concetto. La differenza sta nella dimensione comportamentale, che, se nel commercio offline richiede spostamenti nello spazio non banali, nell’eCommerce è a portata di clic e questo rende relativamente più facile lo switch da un’insegna all’altra. Anche se non bisogna ignorare i costi di switch online connessi al dover fornire i dati ad un nuovo sito, con i relativi problemi di privacy e costi di tempo, il dover apprendere un nuovo pattern di navigazione e l’impossibilità di utilizzare la propria storia di acquisti. Sono comunque elementi che determinano un’inerzia, così come capita per un punto di vendita abituale”.

L'articolo completo su Gdoweek n. 15

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