Formato 1: Morale: se l’etica è autentica crea valore

Good ethics is a good business: l'azienda
che agisce correttamente, è la prima
a trarne vantaggio. L'espressione,
usata da uno dei componenti della
giuria intervenuto alla terza edizione
del premio “Ethic Award”, promosso
da GDOWEEK in collaborazione
con KPMG Business Advisory Services
, e con il patrocinio del comune
di Milano, sintetizza la profondità
in cui va radicalizzandosi il dibattito
sull'etica nel business. Spesso
usata come sinonimo di csr (corporate
social responsibility) o confusa
con le azioni di marketing a causa
sociale, l'etica nel business alimenta
dibattiti, convegni, tavole rotonde,
indagini. La mancanza di trasparenza
nei processi aziendali, infatti, e la
miopia dello sfruttamento rischiano di rompere equilibri ambientali e sociali
provocando fenomeni regressivi: ristrutturazioni,
risparmiatori traditi, scelte sbagliate,
crack. Il caso Parmalat è andato ad
aggiungersi a quello americano di Enron
portando in primo piano il problema
delle regole, la trasparenza, il rapporto
dell'azienda con chi contribuisce al suo
successo. Avanza la consapevolezza della
responsabilità aziendale sulle condizioni
di chi vive nel territorio dove l'impresa
trae le sue risorse. “L'etica della trasparenza
deve diventare il faro delle strategie
e comportamenti della politica, delle
amministrazioni e delle imprese -dice
Anna Maria Martoni, presidente dei
giovani di Confindustria-. Non è solo un
imperativo morale. È l'unica strada possibile
per garantire un futuro all'Italia. È
da qui che dobbiamo partire”.

Giuseppe D'Ippolito, presidente di Associazione Consumatori Utenti Maria Teresa Pecchini, rappresentante di Botteghe del mondo Stefano Senesi, responsabile nuovi schemi di certificazione di Certiquality
“L'etica richiama un ambito in cui la propria responsabilità è circoscritta in un quadro di norme. La responsabilità sociale è qualcosa di più: è farsi carico di problemi che appartengono ad altri soggetti rispetto a quelli del mondo
strettamente aziendale. Si rischia di far passare per opere meritorie i comportamenti conformi alle norme”.
“Vanno premiate le iniziative rivolte veramente verso la responsabilità sociale: sono quelle di imprese che operano in modo responsabile a partire dalla propria attività, che, ad esempio riducono il rischio inquinamento se il loro core business è nella produzione chimica. E che operano correttamente nel rapporto con i dipendenti”. “Il marketing sociale acquista valore se è supportato da una gestione misurabile dei processi produttivi. Anzi il controllo di questi processi deve essere un prerequisito. Se, ad esempio, l'azienda opta per la certificazione ambientale Iso 14001, questo è indice di un impegno ecologico nei suoi processi ”.
Maria Carla
Cardelli,
responsabile
raccolta fondi
di Medici senza
frontiere
Lidia Pomati,
responsabile
sviluppo
progetti di Pime
(Pontificio
istituto missioni
estere)
Paolo Ricotti,
presidente
di Planet life
economy
foundation
“Le aziende fanno iniziative di crm
perchè vogliono un ritorno sugli
investimenti. Ma crescono anche le
aziende che si attivano nel sociale
senza pubblicizzare il loro impegno.
Tra gli stake holder, non bisogna
dimenticarsi dei dipendenti. In futuro
vedo la possibilità di collaborazione tra
aziende profit e no profit”.
“Le aziende stanno sensibilizzandosi ai
temi della responsabilità sociale. Prima si
avvicinavano a queste iniziative solo per
la propria immagine o per trarne vantaggi
fiscali. Ora invece si lasciano coinvolgere
dalle motivazioni forti. Le iniziative vanno
monitorate per evitare sprechi,
soprattutto quando operano organismi
umanitari di grandi dimensioni”.
“Etica è un termine ambiguo. Preferisco
corporate social responsibility, in cui
social è comprensivo dell'interesse per
l'ambiente. Cause related marketing
può essere un concetto ingannevole.
Non è coerente un'azienda che inquina,
mentre sostiene finanziariamente
l'apertura di un ospedale”.
Gianfranco
Faina, direttore
generale
di Conai
Paolo Brichetti,
direttore
generale
di CTMAltromercato
Giuseppe
Minoia,
presidente
di Eurisko
“Etico è il comportamento responsabile
dell'azienda verso gli stake holder. Ma
l'etica va distinta dalla charity, che è
completamente disinteressata. Certo, il
cause related marketing non va
demonizzato, purché proceda all'interno
di un sistema di regole che permetta
un controllo trasparente. E servono
azioni risolutive di un problema”.
“L'etica e il crm sono due valori positivi
ma diversi. Il consumatore, nel breve
termine, è più sensibile alle iniziative di
charity, più che ai cambiamenti del
comportamento etico all'interno
dell'azienda, che richiede un percorso
più lungo. Su questa strada le imprese
vanno incalzate dai consumatori: che
possono premiare quelle corrette”.
“Certe finalità di marketing nelle
iniziative sociali a volte rasentano
l'impresentabilità. Il consumatore è
molto diffidente su quanto sfugge al
suo controllo, mentre è sensibile a
iniziative, anche limitate, ma che è in
grado di dominare. Il rischio è quello di
veder preferire operazioni egoistiche a
un'iniziativa volta davvero al sociale”.
Pietro Lanzini
ricercatore
di Iefe -
università
Bocconi
Andrea Poggio,
vice direttore
nazionale
di Legambiente
Alessandro
Beda,
vicepresidente
di Sodalitas
“Verso la responsabilità ambientale è
cambiata la prospettiva negli ultimi
anni. Non è più vista come un peso ,
ma come un'opportunità di vantaggio
competitivo. Dall'etica come costo
necessario -tu inquini, tu paghi e ripari
con la certificazione ambientaleall'etica
come plus di immagine sui
concorrenti, fidelizzazione, quota
mercato, premium price di segmenti
particolarmente verdi.”
“Non vedo un'involuzione rispetto a
qualche anno fa, quando è partito
l'interesse per le iniziative di marketing
sociale. Ritengo che vada evidenziata
l'esigenza di un controllo sulle iniziative
di carattere sociale. Noto un aumento
di interesse per progetti di respiro
internazionale in collaborazione con
organismi riconosciuti. Ancora deboli,
invece, le iniziative ambientali”.
“La corporate social responsibility
comprende il cause related marketing,
le azioni filantropiche, la governance
dei processi produttivi. È un'azione
legittima, ma non meritocratica. C'è
chi auspica un controllo coercitivo
o su base volontaria. Vale la sanzione
sociale: il consumatore può punire
un'azienda se questa ha frodato”.
Paolo Pastore,
direttore
generale
di Transfair
Italia
Marina Catena,
responsabile
nazionale
raccolta
fondi privati
Programma
Alimentare
Nazioni Unite
   
“L'azienda emoziona il consumatore con
la charity, ma resiste a introdurre
cambiamenti correttivi nei suoi processi di
produzione. Non bisogna lasciarsi
prendere dalla voglia di risultati immediati
che spesso non corrispondono alle
attese. L'etica nei processi va a
vantaggio dell'azienda stessa:
good ethics is a good business”.
“C'è un problema di comunicazione tra
imprese e associazioni umanitarie. Se
queste sono di grandi dimensioni, non
hanno gli strumenti per monitorare “chi”
è andato a sfamare un euro o un sacco
di riso. Serve una dose di sano cinismo
da ambo le parti. Deve avvantaggiarsi
sia l'azienda in immagine, sia
l'associazione in risultati”.
   
           
           

Fenomeno europeo
Dal “Libro Verde” del 2002, quando la Commissione
europea ha elaborato i concetti di sostenibilità
e di impatto sociale, è proseguito il
dibattito sulla volontarietà e la regolamentazione
delle iniziative di corporate social responsibility.
Nello scenario della nuova Europa
a 25 e del varo della costituzione europea,
il tema dell'etica è emerso anche nel dibattito
attorno alle radici culturali del vecchio continente.
A sottolinearne le tradizioni filosofiche,
umanistiche e religiose si sono levate le voci
più autorevoli, con chiari riferimenti alle ispirazioni
originarie dell'agire economico e ai
suoi riflessi nello spazio e nel tempo. “Bisogna
tener presenti i più piccoli e i più poveri- dice
l'arcivescovo emerito di Milano Carlo Maria
Martini, una delle voci ritenute super partes
della cultura europea-. Se non c'è questa attenzione,
non c'è vera politica. C'è solo potenza
e dominio. E questo fa paura, perché alla
fine è quello che produce le guerre”. E continua:”
Radici laiche e cristiane non andrebbero
contrapposte, ma considerate in quanto
convergono nel primato dell'uomo e in quanto
sono espressioni di libertà che si attuano in
maniera diversa ma non contrapposta, non distruggendosi
l'un l'altra ma dialogando reciprocamente”.

Nuovo universo semantico
Rispetto ambientale, ecologia, etica d'impresa,
responsabilità, cause related marketing,
corporate social responsibility, trasparenza, controllo, charity, volontariato. Anche questa
terminologia sta prendendo piede in azienda
mixandosi con quella dell'azienda classica:
marketing, finanza, profitto, competizione,
ottimizzazione, costi, rendimento ecc.. Tutto
questo generato forse dalla catastrofe dell'11
settembre 2001 sembra aver fatto crollare i
modelli precedenti di società e di grande
azienda. Se prima questa esaltava un solo
obiettivo e una sola regola -fare soldi- creando
un mondo uguale a sé, cercando di assediare la
sfera pubblica, ora questo delirio di onnipotenza
(teorizzato già nel 1932 nel libro The
modern corporation and private property
) ha
avuto una battuta d'arresto. Per un ripensamento
definitivo. L'interesse per la corporate
social responsibility rappresenta la fase di questa
riflessione: le opportunità commerciali
non sono più il metro di ogni valore, le imprese
non sono più libere di sfruttare tutto e
tutti per il profitto, gli esseri umani non sono
più creature che badano esclusivamente ai
propri interessi e ai beni materiali.

Il linguaggio dell'etica sostituisce
quello del marketing?

La sostenibilità diventa il vero business. La responsabilità
aumenta i risparmi. Il capitale
umano è la chiave del successo. S'infittisce il
dibattito sugli asset intangibili, sulle attività
che dipendono dal cervello di chi lavora. C'è
da credergli? Forse è ancora presto per risposte
definitive. Nella comunicazione di marketing
fanno breccia nel consumatore argomenti che fino a pochi anni fa non erano altrettanto convincenti
come la convenienza immediata, il regalo,
lo sconto. Non è più raro trovare nei dépliant
promozionali o nei cataloghi premi delle
carte fedeltà anche un settore ethics di questo
tenore: “Ti offriamo inoltre gli ultimi aggiornamenti
in fatto di solidarietà e attività a
sfondo sociale” cui segue un elenco di iniziative
legate al sostegno della lotta contro uno
spettro di malattia, per la costruzione di un
ospedale in Africa, con l'invito a trasformare
parte dei punti accumulati in un contributo all'organizzazione
umanitaria coinvolta.

Il Premio Ethic Award 2004
È in questo contesto che ha preso vita il premio
alle più innovative azioni di responsabilità
sociale, che per il terzo anno GDOWEEK
ha promosso in collaborazione con Kpmg. “E'
un'occasione per fare il punto dei rapporti tra
etica e business -dice il direttore responsabile
di GDOWEEK Luigi Rubinelli-. Con questo
riconoscimento vogliamo chiederci se, e come,
le iniziative di responsabilità sociale delle
imprese, stanno spostandosi più verso il
marketing o verso un vero impegno nel campo
sociale, oltre l'operatività aziendale. Sappiamo,
infatti, quanto sia difficile il controllo
del risultato finale di questi interventi e quanto
grande sia il rischio che vengano utilizzati
all'interno di una miope ottica aziendale. Altrettanto
rischioso è l'abuso del termine etica
per operazioni puramente commerciali”. È
emersa subito una stratificazione di significati e di considerazioni, sintetizzate da ognuno dei
14 giurati (vedi pagg 106/107). Richard
Bolwjin, di Kpmg mette in luce i diversi livelli
in cui possono inquadrarsi le iniziative
aziendali. da quello più basso, legato alla pura
conformità alle leggi, a quello che oltrepassa la
logica del business.
Lo stesso discorso può applicarsi alla comunicazione.
“Le aziende che uniscono iniziative di
charity e marketing, in effetti, stanno saltando
un passaggio -nota Bolwjin-. Prima di passare
a iniziative di charity devono prima assicurarsi
di operare correttamente nel loro business, altrimenti
la contraddizione prima o poi esplode.
Di qui l'esigenza di lavorare alla trasparenza
e correttezza dei processi interni prima di attivarsi
in iniziative sociali”. Del resto ormai anche
in Italia abbiamo esempi di crack di multinazionali
che sbandieravano il loro impegno
in attività sociali mentre da anni i loro processi
interni contravvenivano alle leggi, frodando
gli azionisti e il fisco.

Meccanica del premio
Obiettivo del premio è stato quello di mettere
in luce i casi più innovativi -rispetto all'obiettivo
sociale- messi in atto dalle aziende. Alla
proposta di GDOWEEK hanno risposto 52
candidature, rispetto alle 40 dello scorso anno.
Sono state, quindi, individutate le cinque macroaree
corrispondenti ai principali stakeholder
di riferimento: ambiente, personale e processi
interni, unità ospedaliere e ricerca scientifica,
comunità locale e comunità internazionale. Così suddivise, sono state sottoposte per
una prima valutazione a una giuria super partes
(vedi pagg. 104-105) formata da esponenti
di associazioni ambientaliste, di organizzazioni
non governative di impegno sociale, di enti
che promuovono la cultura della csr nelle
aziende, istituti di ricerca, università, organizzazioni
dell'Onu. Il lavoro della giuria si è svolto
presso la sede di GDOWEEK il 27 ottobre.
Preceduto da un dibattito tra i componenti, ha
messo in luce la serietà e l'autonomia delle valutazioni,
i criteri di riferimento, la necessità di
conoscere la storia dell'azienda per contestualizzare
l'iniziativa candidata e prendere coscienza
anche dei limiti in cui la scelta avveniva.
Ogni componente della giuria ha potuto
votare, per ogni singola area, il progetto più interessante
al fine di scegliere quello vincitore in
ogni area e i migliori dopo il primo. Alla fine è
stato chiesto di scegliere l'iniziativa che, in assoluto,
rispondesse ai criteri di innovazione,
utilità sociale, coerenza con la situazione attuale
dell'azienda, efficacia nel raggiungimento
dei risultati. I vincitori, i primi classificati per
ogni singola area, sono stati proclamati nella
cerimonia di premiazione, avvenuta nella cornice
della sacrestia bramantesca della basilica
di Santa Maria delle Grazie a Milano, il 10
novembre. A consegnare i premi è stato don
Antonio Mazzi, fondatore della comunità
Exodus, per il recupero dei giovani in difficoltà
di cui è noto l'impegno a favore delle
persone emarginate e delle fasce più deboli
della società.

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