Prosciutto cotto in vaschetta: con il marketing non è decotto

Mercato in stabilizzazione dopo il boom degli scorsi anni. Si può considerare un caso di marketing da cui altri settori potrebbero prendere esempio. Il prosciutto cotto era considerato né più né meno alla stregua di una commodity: buono per i bambini e per gli anziani, perché facilmente digeribile, ottimo per soluzioni emergenziali come la preparazione di un toast e soprattutto economico. In definitiva il parente povero del “crudo”.
La scelta di proporre sul mercato prosciutti più gustosi, di origine tracciabile e più salubri (meno grassi e meno sale), aver puntato su una politica di brand sostenuta, in qualche caso, anche da un'efficace comunicazione e, soprattutto, aver dato la priorità al take away, grazie anche a soluzioni di packaging accattivanti si sono rivelate tutte mosse vincenti. Oggi il cotto è considerato un prodotto di prima scelta, anche se non proprio alla stregua degli insaccati di maggiore tradizione.

I numeri

Dopo un 2008 che aveva visto la stabilizzazione del mercato le vendite hanno ripreso a salire con un ritmo sostenuto: i dati Iri aggiornati a tutto il 2009, infatti, evidenziano, in gdo, una crescita delle vendite del prosciutto cotto preaffettato in busta del 5,5% a volume e del 5,1% a valore, attestando il fatturato a oltre 216 milioni di euro. La crescita maggiore ha riguardato le monoporzioni (formati fino a 80 g), che hanno registrato nel periodo considerato un'ascesa del 12,4% a volume e del 13,2% a valore, riuscendo quindi anche a spuntare un lieve aumento di prezzo, mentre in generale il comparto registra una lieve deflazione (-0,3%).

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Prosciutto cotto in vaschetta: con il marketing non è decotto
Mercato | Gdoweek | 15 marzo 2010 |

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