I giovani italiani, in maggioranza laureati, per 64% sarebbero propensi a vivere e lavorare lontano da casa, il 37% ha già inviato il suo curriculum all'estero e sarebbe pronto a trasferirsi, il 25% è disposto a percepire un salario ben al di sotto dei salari medi per le fasce più giovani.
Sondaggio on line
Questi alcuni dei risultati emersi dal sondaggio del Centro di ricerche sociali sul lavoro e le nuove forme di occupazione Work in Progress (del quale abbiamo pubblicato il primo step sul sito Gdoweek.it).
Il sondaggio on line lanciato da Work in Progress, in partenariato con LabItalia e Walk on Job, sul mondo del lavoro e l'approccio giovanile alle prospettive occupazionali, ha dato indicazioni molto interessanti per chi dovrà occuparsi di politiche giovanili, e dell'offerta di occupazione nelle istituzioni e certamente in un prossimo ministero del Lavoro. Un quadro piuttosto drammatico, per chi invece si sta formando, sta studiando per avere un lavoro nel nostro Paese, per dare un contributo nel ruolo di cittadino lavoratore o giovane professionista.
Due terzi del campione con laurea di secondo livello
Il sondaggio realizzato attraverso la raccolta di dati, col metodo cawi (computer-assisted web interviewing), ha coinvolto 800 giovani tra i 18 e i 35 anni, per il 66% con una laurea di secondo livello. In poco più di un mese le risposte ai vari quesiti non si sono fatte attendere e disegnano uno scenario interessante e una situazione, quella dei nostri giovani laureati in cerca di un lavoro, della quale è necessario che le istituzioni si facciano carico al più presto.
Molto più che flessibili
Se una delle più recenti definizioni data agli studenti italiani era choosy, i dati di questo sondaggio vanno nella direzione opposta, mostrano una flessibilità al limite del consentito, in quanto, per esempio, sarebbero disposti a farsi sottopagare, pur di avere un lavoro. Oltre a chi sarebbe molto ben disposto ad andare a vivere fuori dall'Italia (64%), il 25,3% non avrebbe nulla contro il fatto di essere sottopagato, ma un altro 25% sottolinea che il lavoro è un diritto e non dovrebbero esistere compromessi legati al contratto o alla retribuzione.
Fra i dati più rattristanti: il 12% sarebbe disposto ad accettare il non rispetto del contratto o l'abuso di un contratto atipico e il 2% potrebbe mettere da parte anche la propria integrità morale. Tra chi vuole andare a lavorare all'estero: il 37% ha inviato un curriculum a delle aziende che hanno sede in Francia, Svizzera e Inghilterra.
Formazione
Anche in questo caso i giovani dimostrano di avere le idee chiare su ciò che non funziona e sui cambiamenti che dovrebbero essere praticati: dall'indagine emerge che per il 73% dei giovani la Scuola e l'Università dovrebbero prevedere delle iniziative per favorire l'incontro dei giovani con il mercato del lavoro. Un giudizio non proprio positivo viene dal sondaggio riguardo alla formazione post laurea: i master specializzati pare non siano determinanti per trovare lavoro per il 31% degli intervistati.
Sempre secondo i dati Work in Progress, il 34% non si è ma iscritto a un corso di formazione perché crede che le aziende per prime dovrebbero provvedere alla formazione delle risorse, inoltre, per il 31,6% i costi dei corsi sono eccessivi.
Ricerca del lavoro
I giovani per cercare lavoro si affidano a internet per il 71%, al secondo posto ci sono i siti aziendali, seguono con il 25% i social network, tra questi il più utilizzato è LinkedIn, ma i metodi più tradizionali continuano ad avere un ruolo determinante. Si rivolgono agli sportelli del lavoro o agenzie interinali il 32,4% degli intervistati, mentre il 24,3% preferisce consultare gli annunci sul giornale.
Il colloquio di lavoro e le domande personali
Il 55% degli intervistati afferma di aver risposto a domande che riguardavano la sfera privata: oltre alla domanda classica Sei sposato? Convivi? anche: Vivi con i tuoi genitori? Hai figli o hai intenzione di averne? Mi parli dei componenti della sua famiglia, che lavoro fanno i tuoi genitori? Domande che a detta degli analisti del sondaggio sono state rivolte soprattutto al genere femminile. "Nascondono un pregiudizio sulla effettiva capacità da parte delle donne di svolgere un ruolo di primo piano nella società -ha commentato Tommaso Dilonardo, fondatore e presidente di Work in Progress-. Il nostro questionario rivela che al 43,2% è stato chiesto se è sposato o convive; al 20,4% se ha figli o ha intenzione di averne a breve; a molti, infine, è stato chiesto anche il background dei loro genitori, insomma passa il tempo ma la società italiana cambia poco, sono domande che evidenziano un ritardo prima di tutto culturale, manca ancora, purtroppo, il concetto di merito, in un Paese, dove l'ascensore sociale è sempre più immobile".