Prezzi in impennata, su questo c’è poco da chiosare, è un fatto. Ipermercati e supermercati sono presi tra due fuochi: da un lato, la competizione sempre più spinta delle formule razionalizzate (una volta li chiamavamo discount, ma non ha più senso) fortissimi sul prezzo e, dall’altro, gli specialisti del food, vedi Banco Fresco, Erbert, i nuovi category killer e i gli e-tailer dalle corse sempre più veloci, da Gorillas a Sezamo, che erodono la parte alta del mercato. Le contrattazioni con l’industria si fanno più difficili e il consumatore è provato dall’aumento delle utenze, della benzina e del gasolio che, per quanto ci provi, sono difficili da ridurre.
Anche la parte leisure, in cui ci siamo rifugiati dopo i mesi dell’emergenza pandemica e dei relativi lockdown, è messa a dura prova dai rialzi dei prezzi del mondo della ristorazione, degli alberghi e dei viaggi.
Cosa si può fare? Forse è il caso di far entrare nella discussione il convitato di pietra cioè lo Stato. Mi è piaciuta la proposta di Marco Bordoli, amministratore delegato di Crai Secom (vedi intervista su Mark Up di marzo) in cui propone di chiedere allo Stato di rinunciare a parte dell’Iva sui prodotti food e non di prima necessità (approfitto per ricordare, ad esempio, che gli assorbenti non sono come un rossetto). Questo offrirebbe un aiuto concreto ai cittadini e un supporto al retail e alla produzione che, in questo caso, sono uniti da un unico destino su cui poco o nulla possono incidere. Lo stesso dicasi delle accise sulla benzina, che coinvolgono i cittadini ma anche tutto il mondo dei trasporti e della logistica. Aggiungerei anche che sarebbe utile un organo di controllo sulle eventuali speculazioni, super partes, che porti a identificare i veri punti nevralgici su cui i rincari stanno incidendo.
Questa potrebbe rappresentare una vera rivoluzione nei rapporti industria e distribuzione che, invece di sbranarsi a vicenda, si ritroverebbero nel chiedere con un’unica voce di essere ascoltati, di poter portare su un tavolo proposte di senso, per supportare i consumi, a uno Stato del quale sono stati alleati nei momenti più tragici della pandemia e che oggi dovrebbe riconoscere loro lo status di settori fondanti il benessere comune.
Editoriale Gdoweek n. 5, 31 marzo 2022