International Labour Office: dalla green economy milioni di posti di lavoro

Disoccupazione ai massimi livelli in Europa, si cercano soluzioni. La crisi distrugge i posti di lavoro che sostenevano il sistema industriale, l'allarme è massimo. Ma l'Ilo, l'International Labour Office, lancia una proposta ai governi e ai cittadini stessi: mettere solide basi per guadagnare un numero importante di posti di lavoro che provengono dallo sviluppo sostenibile, in tutti i settori. Soprattutto quelli più vicini al cittadino, i consumi, il cibo, la grande distribuzione, lo smaltimento dei rifiuti, la mobilità. Peter Poschen, coordinatore dei Programma dell'Ilo sui Green Job, specifica tutte le opportunità e i posti di lavoro che possono in tempi brevi nascere nella transizione verso un'economia più verde.

Da 15 a 60 milioni di posti di lavoro in più
I numeri sono importanti, la conversione globale alla green economy può avere effetti doppiamente vantaggiosi: si parla di cifre che vanno da 15 a 60 milioni di posti di lavoro in più, che possono essere creati nei prossimi 20 anni. “Tutto questo -continuano dall'Ilo- potrà permettere a decine di milioni di lavoratori di uscire dalla condizione di povertà in cui versano popoli mondiali e anche europei".

In Germania milioni di Green Job

Delle decine di milioni di posti di lavoro sono già stati creati grazie all'avvio del processo di transizione verso la green economy, per esempio in Germania. Attraverso un programma di rinnovamento con l'obiettivo di migliorare l'efficacia energetica all'interno delle costruzioni e delle abitazioni, sono creati più di 300mila posti di lavoro in diretto rapporto con l'intervento sull'energia, ogni anno.

Unione Europea e Stati Uniti

Nella sola Unione Europea, si contano 15 milioni di posti di lavoro, diretti e indiretti, legati alla protezione della biodiversità, della diversificazione delle risorse naturali. Mentre negli Stati Uniti, in quegli Stati che hanno affrontato le problematiche legate a una grande distribuzione nociva sia all'ambiente sia ai consumatori, oltre tre milioni di persone lavorano nel settore che produce e distribuisce beni e servizi “green”. “Il primo impulso viene dalla necessità di cambiare, -continuano dall'Ilo- bisogna raddoppiare gli sforzi per elaborare delle strategie nazionali che introducono simultaneamente delle tecnologie pulite e finalmente una quantità importante di green job”.

Green Education & Reverse Economy

Sono i Paesi dalle economie emergenti, ma ormai protagoniste della scena mondiale proprio per la loro capacità di cambiare, che stanno andando velocemente nella direzione di un cambiamento radicale. Il Brasile ha tre milioni di posti di lavoro -quasi il 7% nell'ambito del lavoro formale- nei settori e nelle professioni che contribuiscono a ridurre il danno ecologico. Paesi come il Kenya, la Corea del Sud, per esempio investono nella ricerca delle forme alternative per la produzione di energia, nella efficacia dell'energia disponibile, e nella sua trasformazione. Ci si rende conto che la necessità per questi Paesi ha sviluppato competenze, studi universitari che si concentrano sui temi dell'economia verde, del green retail, del green food. Ai fini del risparmio economico, della sostenibilità della vita familiare, dell'esigenza di trasformare le proprie abitazioni in luoghi più vivibili, accanto alle tecnologie sempre più sviluppate che i bio architetti sperimentano proprio nell'America Latina, in India, e in Africa. Laboratori a cielo aperto, che cominciano a elaborare competenze, delle quali l'Occidente ha sempre più bisogno. Anche nella formazione si verifica il fenomeno della Reverse economy, Reverse Education.

La formazione migliore per i green job in Africa e in Brasile

La formazione è una delle chiavi che libererà il potenziale di lavoro di economie a emissioni sempre più limitate di anidride carbonica. "Tutto ciò impone di dotare i giovani di competenze che dovranno esprimere domani e dare priorità a questi temi a tutti i livelli di formazione", raccomandano gli esperti dell'Ilo. Accade che la mancanza di formazione e di competenze costituisca già un freno a questo processo di trasformazione, nella maggior parte dei Paesi. In moltissimi casi la domanda di lavoratori competenti è stata sottostimata e la formazione qualificata non è stata sufficiente per rispondere ai bisogni del settore verde, e della nascita di professionalità che devono contribuire alla trasformazione delle imprese green nell'insieme dell'economia.

Le migliori università per i lavori verdi

Negli Stati Uniti da Stanford, o nel Canada alla Schulich School of business i programmi che formano manager, lavoratori dell'industria e del commercio sono numerosi, ma chi affronta con un approccio generale la qualificazione di nuovi individui che sanno progettare un sistema sostenibile dal settore pubblico a quello imprenditoriale, dalla metropoli al mercato rionale, esce da istituzioni come l'Universidade Livre do Mejo Ambiente di Curitiba
in Brasile, è una OnG voluta dal ministero della Giustizia del Brasile, che ha come obiettivo il sostegno alle politiche ambientali in tutti i settori, compreso quello dell'istruzione superiore.
Una esperienza di eccezionale coraggio è quella di Bali della Green School che John Hardy ha deciso di realizzare per motivare la comunità indonesiana di Bandung, a Bali in Indonesia, a vivere in modo sostenibile; la scuola è per studenti di età diverse e segue degli indirizzi formativi consoni al luogo dove è situata, oggi frequentata da una maggioranza di studenti internazionali.

In Europa tra i programmi più efficaci per realizzare la transizione verso la green economy emergono formazioni universitarie in Belgio, in Uk, in Svizzera, e in particolare in Danimarca e Germania: DTU Technical University of Denmark e University of Applied, Sciences in Köthen (Saxony-Anhalt).

In Italia tra le università che stanno dedicando programmi e corsi per una approccio integrato su questi temi la Cattolica di Milano ha da qualche anno ormai costituito ASA, Alta scuola per l'ambiente. Dall'università mettono in evidenza: "L'integrazione tra didattica e ricerca quale il modo più naturale e produttivo per fare alta formazione, valorizzare sinergie ed economie di scopo".

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