La difficile difesa dell’Italian Food

Non si tratta di protezionismo, è che proprio l'Italia non ha bisogno di comprare l'alimentare dall'estero. Al contrario, fuori dei confini patri servirebbe un maggiore rispetto delle regole, dato che su 10 alimenti venduti come "made in Italy" o presentati furbescamente in modo da fare intendere che l'origine è il Bel Paese, 9 sono falsi. Chiedere il rispetto delle regole: sono queste le intenzioni combattive in vista del prossimo G8 dell'agricoltura (18-20 aprile a Cison di Valmarino, in provincia di Treviso) annunciate da Luca Zaia, ministro dell'Agricoltura (nella foto), che ha parlato intervenendo stamane nel capoluogo lombardo alla presentazione di Tuttofood, la rassegna B2B dedicata all'alimentare in calendario alla Fiera di Milano dal 10 al 13 giugno prossimi.

Effetti della speculazione
"Sul mercato agrolimentare -ha sottolineato il ministro- si sono verificati lo scorso anno fenomeni speculativi sulle materie prime che non devono più ripetersi; il prezzo del frumento, repentinamente come era salito è sceso del 40% in pochi mesi a dimostrazione che non c'era un eccesso di domanda prima o di offerta dopo, ma semplicemente operazioni sui futures, mentre le remunerazioni per i coltivatori italiani sono in continua discesa".
E a tal proposito Zaia ha registrato il caso del Parmigiano, comprato 20 mesi fa per la stagionatura a un pezzo superiore a quello oggi reperibile sul mercato per il prodotto già stagionato. In pratica, chi ha comprato allora ha dovuto fare i conti con l'immobilizzazione del capitale, gli oneri finanziari e anche la perdita di peso delle forme. 

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