Indici di fiducia dei consumatori e delle imprese; andamento dei prezzi al consumo; ordini dell’industria; performance dei mercati finanziari. Sono alcune tra le voci maggiormente considerate per capire l’evolversi del ciclo economico, senza attendere i dati del Pil, che inevitabilmente si riferiscono al passato. Ma c’è un indicatore che spesso in passato ha mostrato di indicare meglio degli altri lo stato di salute dell’economia americana, con ricadute importante anche alle nostre latitudini. Si tratta dei conti di Walmart, che assumono un gran rilievo non solo perché stiamo parlando del primo retailer a Stelle e Strisce, ma anche per la sua capacità di rappresentare il corpaccione dei consumatori americani.
Un trimestre in crescita per il re della grande distribuzione
Nel secondo trimestre dell’anno, che per l’azienda si è chiuso il 31 luglio, i ricavi si sono attestati a 167,78 miliardi di euro, rispetto ai 160,28 di un anno fa. Se, invece, si considera l’intero semestre si è passati da 311,28 a 327,7 miliardi. Con l’utile netto in leggero progresso: 9,6 contro 9,56 miliardi.
Nella conference call con gli analisti, il top management ha attribuito il buon andamento dei conti alla spinta proveniente soprattutto da inventory ed eCommerce e si è mostrato ottimista sui prossimi mesi. Le strategie anti-inflazione, è stato spiegato, stanno producendo frutti importanti. L’ottimismo ha contagiato anche gli investitori, con il titolo che a più riprese nelle ultime settimane ha segnato nuovi massimi storici.
Il sentiment dei consumi negli Usa e da noi
“Non stiamo riscontrando un calo generale dei consumatori”, è stata la risposta del ceo, Doug McMillon, al quesito posto durante la conference call. “L’azienda non vede grandi cambiamenti nei comportamenti di spesa”, tira le somme Blake Droesch, analista senior di Emarketer. I clienti principali di Walmart continuano a fare affidamento sul rivenditore per i prezzi bassi di tutti i giorni, mentre le famiglie con redditi più alti continuano a fare acquisti lì alla ricerca di valore.
In sostanza, non siamo in una congiuntura brillante, ma le preoccupazioni di recessione appaiono eccessive, almeno al momento. Una situazione che non può che coinvolgere anche l’Europa, che è il principale partner commerciale degli Stati Uniti ed è fortemente legato all’altra sponda dell’Atlantico anche per quel che concerne le decisioni di politica monetaria.