Confindustria: contro la crisi servono le liberalizzazioni

Il dato del Pil a -5,9%, per quanto non inatteso dagli analisti, è arrivato come una doccia fredda su chi si aspettava un rallentamento della dinamica della crisi: proprio da questo numero è partita Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, nel suo atteso intervento di chiusura de L'Incontro Nielsen. Un discorso denso di spunti su come affrontare una crisi che si potrà superare soltanto con politiche  economiche forti da parte del Governo, come il supporto all'innovazione e una reale apertura di tutti i mercati oggi protetti alle liberalizzazioni, comprese energia, finanza, telecomunicazioni e distribuzione, mentre alle imprese toccherà il compito di dimostrarsi sempre più proattive  per affrontare la stagione del cambiamento.

Priorità ambientali
Per Marcegaglia l'intervento, per quanto non coordinato in maniera ottimale, dei governi e delle banche centrali, è riuscito a limitare i danni potenziali di uno tsunami finanziario che comunque è destinato a non lasciare più nulla come prima e che costringerà l'economia italiana a una lunga rincorsa per il recupero. Due i principali driver di sviluppo su cui si dovrà concentrare nei prossimi mesi l'azione delle imprese. Il primo è il rispetto dell'ambiente, contenendo l'utilizzo di risorse energetiche inquinanti e non rinnovabili. Le industrie italiane hanno già un comportamento più virtuoso dei concorrenti di altri paesi, ci sono però notevoli spazi di miglioramento, anche a parità di tecnologia produttiva. Serve però un accordo globale per non lasciare un ingiustificabile vantaggio competitivo a chi invece pur di risparmiare non intende mettere in pratica comportamenti virtuosi.

Scenari geopolitici
Il secondo aspetto su cui si dovranno focalizzare le imprese, almeno quelle export oriented, è prendere atto che la geopolitica subirà un cambiamento epocale. Gli Usa a lungo non potranno più essere il motore dello sviluppo, perché i loro consumi, pompati dal credito facile, rimarranno stagnanti; nel mondo però ci saranno nei prossimi anni 500 milioni di nuovi consumatori “affluenti” e saranno tutti in Asia o nell'Europa del Nord. Nel 2007, l'Italia è diventato il secondo esportatore extra Ue dopo la Germania. Il compito è quello di mantenere questo risultato orientando adeguatamente la bussola del business.    

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