Ubri (Unione brand ristorazione italiana) rinnova il consiglio direttivo a maggio. Il presidente Vincenzo Ferrieri fa il punto su alcuni nodi del mercato

La chiusura di tutti i locali Panini Durini, e il crac di California Bakery, che ha 12 punti di vendita a Milano, quasi tutti in centro, uno in Piazza Tre Torri, nel Citylife Shopping District, sono i casi più recenti di un malessere strisciante che colpisce la ristorazione commerciale. Ogni caso è a sé, ogni storia è diversa e molteplici sono le cause del fallimento e della chiusura, non necessariamente imputabili al prodotto, al format, alla proposta di mercato. Manca a tutt’oggi (o non conosciamo) uno studio affidabile sullo stato di salute della ristorazione, soprattutto quella a catena.

Non mancano osservatori e fonti statistiche serie, non mancano le ricerche sul “sentiment” (di solito positivo o ottimista) degli imprenditori e dei clienti, ma poi escono notizie di chiusure improvvise di catene anche storiche, come Panini Durini, e qualche dubbio sulla tenuta complessiva del business ristorazione non può non far capolino anche nei più recidivi dell’ottimismo a oltranza. La ristorazione è un mestiere fra i più difficili. Spesso le cose non girano per il verso giusto anche nei periodi di apparente crescita. E poi ci sono quelli che si buttano o si sono buttati nel business della ristorazione appunto per pure ragioni di business, per fare soldi. Già prima della pandemia e dei lockdown, girava il dubbio, fra gli addetti ai lavori, che potesse scoppiare una bolla-ristorazione com’era accaduto a cavallo tra gli anni Novanta e il nuovo Millennio per il mondo Internet e in particolare l’eCommerce. Restringendo il campo d’osservazione alle catene, che rappresentano il 9% di tutto il mercato AFH (away-from-home), il 40% di esse è nato negli anni della crisi economica del 2008-2014 e 15 nuove catene sono nate negli anni del Covid (Fonte: AFH Consumer track TradeLab).

Un settore giovane

Già prima che circolassero queste notizie avevamo raccolto il punto di vista di Vincenzo Ferrieri, presidente di Ubri (Unione brand ristorazione italiana) e di Gioia group. “Le notizie relative alla dichiarazione di stato di crisi di alcuni brand del settore naturalmente ci dispiacciono a livello personale, ma non ci sorprendono -commenta Vincenzo Ferrieri, presidente di Ubri-. La ristorazione di catena è un settore giovane, in un certo senso ancora immaturo, in corso di assestamento. Esploso come fenomeno tra il 2010 e il 2019, è andato a riempire un ambito allora sottodimensionato, ma si è scontrato dal 2020-2021 con l’impensabile tragedia del Covid. È naturale che, tre anni dopo, chi non era abbastanza strutturato, ne paghi definitivamente le conseguenze. Si fa spesso l’errore di leggere la fase pandemica come un interruttore on/off, ma le sue conseguenze sono andate ben oltre i periodi di lockdown e vanno analizzate per i costi che hanno comportato nel lungo periodo, fino ad oggi”.

Il problema dei costi

A proposito di costi, Ferrieri prosegue con qualche esempio: “le imprese hanno pagato i costi di locazione e personale per oltre due anni, durante i quali i fatturati non sono stati minimamente all’altezza dei costi; non ci sono stati gli annunciati ristori da parte del Governo, nonostante il significativo impatto del comparto sul Pil; a fronte di evidenti bilanci in rosso sono venuti a mancare gli abituali finanziamenti da parte di banche e fondi, e anche oggi la contrattazione sui rinnovi dei contratti d’affitto, più che mai al rialzo, non tiene conto dei due anni perduti e quindi delle condizioni stipulate sei anni fa, ma usufruite per soli quattro anni”.

Tutti questi aspetti si sono rivelati, per alcune catene, fatali, “ma non per tutto il comparto -aggiunge Ferrieri- che oggi, come abbiamo dichiarato a inizio anno, è propositivo pur conservando uno sguardo prudente, per concedersi di capire come le variazioni dei consumi diventeranno strutturali, soprattutto in conseguenza allo smart working”.

Un Piano Marshall per la ristorazione

Prevedendo queste situazioni, nel 2020 Ubri aveva proposto al Governo una sorta di Piano Marshall per la ristorazione: un progetto a 10 o 20 anni, finalizzato alla ristrutturazione di un comparto oggi sempre più potenziale e competitivo che deve diventare sistema, efficiente, fluido, sostenibile, per tutti, imprenditori, lavoratori e clienti. Oltre queste considerazioni basilari, resta il fatto che alcuni format, affidati a fenomeni di tendenza, si rivelano dopo un certo tempo superati o comunque compiuti, e che sia regola d’oro dell’imprenditore non solo cavalcare le mode, ma renderle attraenti nel lungo periodo.

Ed è questo -conclude Ferrieri- lo spirito che anima Ubri di cui a maggio verrà aggiornato il consiglio direttivo, in scadenza dopo i 4 anni stabiliti, offre ai propri associati momenti di confronto e scambio anche su questi temi strategici, per competere tutti assieme con cognizione di causa e conoscenza del mercato e delle sue opportunità”.

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